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Prospettive di mercato

Tanto ambizioso quanto essenziale: il cammino verso lo zero netto

Bastano tre parole per sintetizzare l’obiettivo: sole, vento, acqua. L’80% dell’approvvigionamento energetico globale oggi è assicurato da petrolio, gas e carbone, ma entro il 2050 più dell’80% della nostra energia dovrà essere di origine eolica, idraulica e fotovoltaica. Inoltre, le emissioni di CO₂ residue andranno compensate tramite misure di cattura. La tabella di marcia tracciata nel dettaglio dall’Agenzia internazionale dell’energia (AIE) ci dà un’idea realistica delle modalità con cui si potrebbe raggiungere la meta. Un compito – lo si capisce chiaramente – che impegnerà a fondo l’umanità intera.

Dr. Sandro Merino, Chief Investment Officer

Nel 2022 abbiamo avvertito nettamente gli effetti dei cambiamenti climatici globali: molte regioni del mondo sono state investite da intense e inusuali ondate di canicola fuori stagione, sono scoppiati vasti incendi e i raccolti sono stati pregiudicati da lunghi periodi di siccità. Ogni anno il mondo politico ed economico si rende sempre più conto di quanto sia urgente varare misure rapide, mirate ed efficaci contro il riscaldamento globale. In ultima analisi, però, solo evitando del tutto ulteriori emissioni di CO₂ si possono arrestare in modo duraturo i cambiamenti climatici. La quota residua ineliminabile va tassativamente compensata attraverso progetti di cattura e utilizzo della CO₂. Senza questo tipo di tecnologie, l’obiettivo delle emissioni nette pari a zero e di una stabilizzazione del clima globale è, ad oggi, fuori portata.

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Zero netto: una sfida colossale

Per raggiungere la meta occorre promuovere l’innovazione, investire massicciamente e imprimere slancio alla cooperazione internazionale. Il margine di tempo a disposizione – pochi decenni – complica ulteriormente il quadro, soprattutto perché già oggi le ripercussioni dei cambiamenti climatici generano fenomeni divisivi, come i movimenti migratori e la scarsità di risorse.

L’Agenzia internazionale dell’energia (AIE) è un’organizzazione autonoma interna all’OCSE che comprende 30 delle sue 38 nazioni aderenti, tra cui anche la Svizzera. L’AIE è anche nota per il «World Energy Outlook», sorta di bibbia sulle questioni cruciali per il settore energetico. In uno studio del 2021 («Net Zero by 2050»), l’Agenzia illustra le possibili modalità per azzerare le emissioni nette, e lo fa tracciando in dettaglio un percorso di sviluppo realizzabile per l’industria energetica (fig. 1) in cui, parallelamente all’esposizione dei cambiamenti proposti sul piano infrastrutturale, discute anche delle implicazioni per la crescita economica e l’occupazione. La roadmap dell’AIE cerca quindi di delineare una tabella di marcia per quanto possibile attuabile tenendo conto delle dimensioni ecologica, economica e sociale.

Il settore globale dell’energia di fronte a cambiamenti epocali

Il settore energetico è responsabile del 75% circa delle emissioni mondiali di CO₂, nel 2020 pari approssimativamente a 34 gigatonnellate (Gt). Esso fornisce l’energia per gli immobili e i trasporti, pubblici e privati, e rappresenta il presupposto indispensabile per i più svariati processi produttivi industriali. Il summenzionato studio dell’AIE tralascia volutamente gli adeguamenti che andranno attuati anche a livello agricolo e silvicolo. Per delineare un bilancio globale di CO₂ che possa dirsi completo occorre discutere in sede separata anche tali ordini di questioni.

Il percorso suggerito dall’AIE si impernia su un forte ampliamento della produzione elettrica da fonti rinnovabili, soprattutto l’eolico e il solare. Nel suo scenario di azzeramento delle emissioni nette, l’aumento della domanda mondiale di corrente sarà del 40% circa tra il 2020 e il 2030, ma schizzerà oltre il 250% da qui al 2050. Ne deriva che la produzione di energia elettrica deve crescere attorno al 3,2% annuo, incremento da alimentare soprattutto tramite nuove centrali eoliche e solari. Per portare la quota dell’elettricità rinnovabile dal 29% nel 2020 al 60% nel 2030 e successivamente a quasi il 90% entro il 2050, la rispettiva produzione dovrebbe triplicare da qui al 2030, per poi risultare otto volte superiore a quella attuale all’appuntamento del 2050. Oggi la maggior parte della corrente rinnovabile è di origine idraulica: lo scenario dell’AIE prevede entro la data target una capacità produttiva raddoppiata rispetto all’attuale. Resterebbe invece invariato al 10% circa del fabbisogno globale il contributo dell’energia nucleare, con anche qui un raddoppio delle capacità produttive odierne. Secondo questa tabella di marcia, entro il 2050 il 95% circa della produzione di energia elettrica sarà di origine rinnovabile o nucleare, con la parte del leone (80%) svolta da sole, vento e acqua.

Nel mirino riduzioni delle emissioni nell’industria, nei trasporti e in ambito immobiliare

Questa trasformazione epocale nella produzione di energia elettrica – e il suo parallelo potenziamento – consentiranno una drastica riduzione delle emissioni nell’industria, nei trasporti e in ambito immobiliare. A livello industriale dovremmo assistere a un calo del 20% tra il 2020 e il 2030, e addirittura del 90% entro il 2050. Questi obiettivi di riduzione comportano l’impiego a tappeto di tecnologie di cattura della CO₂ e l’installazione di elettrolizzatori di idrogeno per l’industria. Già dal 2030, a livello globale, tutti i nuovi ampliamenti di capacità in impianti industriali dovrebbero avvenire secondo il principio della neutralità carbonica. Le tecnologie necessarie sono oggi in fase di sviluppo e in pochi anni dovrebbero essere «mature» per un impiego su vasta scala. In particolare, la roadmap dell’AIE prevede di potenziare notevolmente la cattura e lo stoccaggio della CO₂. Nel 2020 la quantità catturata e stoccata, però, è stata pari a sole 0,05 Gt. Entro il 2030 si dovrebbe arrivare a circa 7,5 Gt annue, il che presuppone investimenti dell’ordine di (qualche) centinaia di miliardi.

La controproposta indiretta all’Iniziativa per i ghiacciai è stata approvata. La Svizzera vuole raggiungere per legge la neutralità climatica e ridurre a zero le emissioni di gas serra entro il 2050. Con varie misure, si intende contribuire a livello nazionale a limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C.

Da qui al 2030 l’elettrificazione dei trasporti procederà a ritmo serrato. Entro quell’anno, la quota di mercato mondiale delle auto a trazione esclusivamente elettrica dovrebbe raggiungere il 60%, partendo da meno del 5% nel 2020. Dal 2035, tutte le nuove vetture poste in circolazione saranno verosimilmente elettriche o quanto meno «carbon neutral». Anche la quota di mercato degli autocarri a idrogeno, oggi trascurabile, dovrebbe salire al 30% già per il 2030.

Si prevede inoltre che nel 2050 le superfici edificate saranno aumentate del 75% circa rispetto al 2020, vale a dire che da qui ad allora, a livello globale, ogni settimana verrà occupato dalla superficie utile di nuove case uno spazio grande quanto la città di Parigi. In ambito immobiliare, la tabella di marcia dell’AIE prevede che dal 2030 tutti i nuovi edifici siano «zero-carbon-ready». Entro quell’anno il 20% circa del patrimonio edilizio mondiale dovrebbe beneficiare di un approvvigionamento energetico neutrale in termini di CO₂, e i consumi di energia degli immobili, entro il 2050, essere costituiti per il 66% da corrente elettrica contro l’attuale 33% circa. Oggi gran parte delle tecnologie necessarie per una gestione immobiliare sostenibile è pronta per il mercato. Entro il 2050 i dispositivi per il riscaldamento e la produzione di acqua calda alimentati a gas e petrolio saranno quasi del tutto sostituiti da tecnologie a idrogeno e pompe di calore. Con queste misure, le emissioni dirette di CO₂ generate da tutti gli immobili del globo calerebbero da 3 Gt nel 2020 a 0,12 Gt nel 2050.

L’obiettivo dello «zero netto» è compatibile con una forte crescita economica e demografica

Tutte le misure sopra descritte sottintendono che entro il 2030 la performance economica globale aumenterà del 40% circa rispetto al 2020, con però un abbattimento di oltre il 5% dei consumi energetici. L’uso più efficiente dell’energia, che in futuro sarà in gran parte di origine rinnovabile, è uno dei princìpi cardine della tabella di marcia dell’AIE verso lo zero netto.

Oggi, i 38 paesi industrializzati dell’OCSE sono responsabili di circa un terzo delle emissioni del settore energetico; i restanti due terzi provengono dai paesi non OCSE, tra cui quelli emergenti di Asia e America Latina e le nazioni in via di sviluppo dell’Africa. Per contro, le emissioni medie pro capite dei paesi OCSE sono circa tre volte più elevate rispetto a quelle dei non OCSE, poiché nei primi i consumi energetici sono molto superiori. L’AIE e il Fondo monetario internazionale (FMI) presuppongono che la performance economica globale continuerà a crescere di un buon 3% l’anno. E si avrà anche una netta crescita demografica: gli abitanti del pianeta passeranno dai 7,8 miliardi del 2020 ai 9,7 miliardi del 2050, con un aumento che sfiora il 25% (fig. 2).

Il mondo intero unito per raggiungere gli obiettivi. La Conferenza sul clima tenutasi a Sharm El-Sheikh nel novembre 2022 ha riunito leader politici e rappresentanti di 190 paesi per discutere di questioni legate al clima, come adattamento ai cambiamenti climatici, finanziamento climatico, decarbonizzazione, agricoltura e biodiversità.

Se si considera la crescita economica più spiccata e il maggior fabbisogno di ulteriore energia che contraddistinguono i paesi non OCSE, appare evidente che l’obiettivo dello «zero netto» può essere raggiunto solo se l’attuazione delle misure sopra discusse andrà a buon fine anche in Africa e nei grandi paesi emergenti dell’Asia e dell’America Latina.

Entro il 2050, malgrado la crescita demografica e una performance economica raddoppiata, l’AIE si aspetta una domanda energetica in lieve calo rispetto al 2020. Questa sorprendente previsione si fonda sull’enorme potenziale di risparmio insito in un uso molto più efficiente dell’energia. Anche nel mondo industrializzato, a partire dal 2040 le emissioni annue pro capite di CO₂ – attualmente comprese tra le 4 e le 10 t a seconda del paese – scenderanno a circa 0,5 t.

Le tensioni geostrategiche: un ostacolo al raggiungimento dell’obiettivo

Per centrare l’obiettivo di arrestare i mutamenti climatici è necessario rinunciare radicalmente all’utilizzo finora sfrenato delle fonti di energia fossili. L’aggressione russa contro l’Ucraina e il conseguente emergere dello stato di dipendenza dell’Europa occidentale in materia di approvvigionamento energetico hanno evidenziato quanto siano vulnerabili le nazioni sviluppate rispetto a possibili situazioni di penuria di energia. Nello scenario di azzeramento delle emissioni nette delineato dall’AIE, i paesi che oggi esportano grossi quantitativi di petrolio e gas perderanno nel complesso l’80% circa dei loro introiti. E già solo l’atteggiamento assunto dall’OPEC nel contesto della guerra in Ucraina fa capire il potenziale di conflitto insito in questa prospettiva. Tuttavia, se si vuole riuscire a stabilizzare il clima, è cruciale considerare anche le dimensioni geostrategiche della decarbonizzazione. Puntare in primo luogo su obiettivi di riduzione nazionali nei paesi sviluppati dell’OCSE non è una scelta lungimirante e rischia di non dare il giusto rilievo al problema del riscaldamento globale.

Malgrado l’attuale escalation delle tensioni internazionali, occorre tassativamente trovare nuove strategie di cooperazione. Se non vi riusciremo, potrebbero bastare meno di due decenni per rendere irreversibile un allarmante surriscaldamento del pianeta di oltre 1,5 °C.

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