Gli immobili, tradizionalmente, sono una componente significativa della costituzione del patrimonio e della previdenza. Allo stesso tempo rappresentano un’importante categoria d’investimento, che però presenta diverse incognite in termini di prezzo, rischio e sostenibilità. D’altronde, come dice la parola, la loro caratteristica è l’immobilità: a medio termine, occorre rimboccarsi le maniche per far fronte ai cambiamenti strutturali, conformarsi alle norme di legge entro i prossimi 25 anni e preservare il loro valore.
Gli immobili riguardano tutti noi, come locatari o come proprietari. Molti sono alle prese con pigioni da capogiro o prezzi d’acquisto astronomici o si interessano agli immobili nell’ambito della loro previdenza. Nella maggior parte dei casi ci si concentra sugli immobili residenziali, nonostante essi rappresentino solo un segmento del mercato. In Svizzera, infatti, molti spazi sono ad uso commerciale.
Il mercato degli spazi commerciali è un insieme molto eterogeneo che comprende uffici, negozi, fabbriche, magazzini nonché stabili amministrativi, hotel, ristoranti e parcheggi, con numerose altre sottocategorie. A livello statistico, questi tipi di immobili non sono ancora censiti con la stessa accuratezza di quelli residenziali. Spesso le informazioni su sostanza, valore e transazioni non sono pubbliche e mancano altresì fonti di dati centralizzate.
Secondo Statista, il valore degli immobili commerciali in Svizzera supera i 1000 mia. di CHF, con una crescita di oltre l’1% all’anno. A titolo di paragone, il mercato statunitense è circa 23 volte più grande. Gli uffici e le aree di vendita rappresentano più o meno la metà del valore degli spazi commerciali svizzeri, per un totale di ben 100 mio. di m2 di superficie utile – un’area grande quanto le città di Berna, Ginevra e Lucerna messe insieme. A dominare è il mercato degli uffici, con un volume quasi doppio rispetto a quello delle superfici di vendita.
Con gli immobili commerciali gli investitori puntano a realizzare rendimenti più alti rispetto agli edifici residenziali, a fronte di un rischio nettamente più alto. Tali oggetti, infatti, sono più sensibili alle oscillazioni dell’economia: nelle fasi di boom l’occupazione sale, per cui occorrono più spazi rispetto ai periodi di recessione. Anche il rischio che rimangano sfitti è maggiore, essendoci per queste aree generalmente pochi, grandi locatari. Di norma, inoltre, i contratti d’affitto hanno lunghi termini di disdetta e sono spesso indicizzati all’inflazione.
Attualmente il segmento è in radicale trasformazione. In tutto il mondo è quindi in atto una conversione degli uffici inutilizzati in aree a uso abitativo. Gli immobili logistici, invece, sono in forte richiesta.
Di tutti i segmenti del mercato immobiliare, quello residenziale è il meglio censito statisticamente. Secondo l’Ufficio federale di statistica (UST), nel 2022 si contavano 1 785 321 edifici a uso abitativo in Svizzera. Oltre la metà sono case unifamiliari, un quarto plurifamiliari. La maggior parte è concentrata nei cantoni più densamente popolati: Zurigo, Berna, Vaud, Argovia e San Gallo.
La forma abitativa più diffusa è l’affitto: dei circa quattro milioni di economie domestiche presenti in Svizzera, solo un terzo vive in un’abitazione di proprietà, di cui la metà in una casa unifamiliare. Dagli anni Settanta si registra una lenta crescita del possesso delle quattro mura, soprattutto nelle aree rurali, mentre nei cantoni con grandi città la quota di abitazioni di proprietà è notevolmente inferiore.
In Svizzera non si costruisce abbastanza. I 10 000 nuovi edifici residenziali edificati nel 2021, ad esempio, sono di gran lunga insufficienti. Dal 1990 sono stati costruiti circa 400 000 immobili – sempre più appartamenti e sempre meno case unifamiliari. Questa dinamica riflette la crescente urbanizzazione: in generale si costruisce meno, ma in maniera più concentrata, tendenzialmente piccoli appartamenti e stabili condominiali. Nel segmento residenziale c’è parecchia mobilità: negli anni passati si sono venduti circa 30 000 appartamenti l’anno e circa 55 000, ossia l’1% del totale, sono rimasti mediamente vuoti. Nell’arco di un anno un decimo della popolazione trasloca, in genere all’interno del medesimo cantone e spesso in un’abitazione più grande. Secondo l’UST, i nuclei familiari sono sempre meno numerosi, mentre la metratura abitativa media aumenta.
I prezzi degli spazi residenziali sono trainati da fattori diversi rispetto agli immobili commerciali. Nel complesso la domanda è in aumento, essendo la popolazione svizzera ormai prossima alla soglia dei dieci milioni di abitanti per effetto dell’immigrazione. Una congiuntura robusta, la disoccupazione ridotta e la tendenza allo smart working, inoltre, alimentano la ricerca di spazi abitativi. Frenano questa dinamica, invece, la stretta sui crediti e l’aumento del tasso di riferimento.
Questi meccanismi di prezzo sono importanti per i lavoratori dipendenti, essendo molti averi del secondo pilastro investiti in immobili. Ma a chi appartengono in realtà gli edifici residenziali in Svizzera? Innanzitutto a economie domestiche private, che ne possiedono circa il 60%. L'UST elenca altre quattro categorie: circa l’11% degli stabili a uso abitativo è di proprietà di persone giuridiche, dietro cui si celano fondi, società immobiliari e casse pensioni. Sono, da un lato, i grandi locatori della Svizzera e, dall’altro, i fornitori di prodotti d’investimento fondamentali per la costituzione dei patrimoni e la previdenza. I valori variano sensibilmente da cantone a cantone (cfr. fig. 6). Come categoria d’investimento, gli immobili sono importanti perché stabili nel tempo. Aiutano a diversificare i rischi e nella politica d’investimento fungono spesso da «bene rifugio». Sono un tassello fondamentale sia del benessere che della previdenza.
In passato le casse pensioni hanno incrementato massicciamente la quota di immobili nel loro patrimonio complessivo, talvolta fino al limite massimo di legge del 30%. Dal 2004 hanno triplicato i loro investimenti, destinando circa 250 000 mia. di CHF al comparto immobiliare che, con i suoi rendimenti allettanti, ha consentito loro di ovviare ai bassi tassi d’interesse. Nel frattempo questi ultimi sono tornati a salire e pare che la soglia target negli investimenti immobiliari sia stata raggiunta. Non si rileva dunque un’ulteriore corsa all’acquisto sul mercato, ma nemmeno una grande necessità di separarsi da questi investimenti. Finché in Svizzera ci sarà un saldo migratorio positivo, la domanda di spazi abitativi rimarrà alta e gli immobili resteranno un investimento ambìto. Trattandosi di una categoria illiquida – il nome «immobile» la dice lunga – sarebbe difficile ridurre questa ponderazione elevata.
I prodotti d’investimento basati su immobili sono merce rara, il che comporta due effetti. All’acquisto di quote di fondi si paga spesso un prezzo superiore al valore degli immobili. Questa differenza si chiama premio o aggio e riflette una carenza di offerta o un eccesso di domanda. In periodi di boom si è pagato persino il 60% in più del valore stimato di determinati fondi.
Le aspettative a livello di prezzo cambiano a seconda che si stia acquistando o vendendo. In presenza di molti attori sul mercato, le richieste di entrambe le parti sono pressoché allineate, con conseguenti maggiori fatturati e oscillazioni dei corsi moderate. Questo effetto si chiama liquidità del mercato. In caso contrario, bastano anche piccolissime transazioni per determinare forti impennate dei corsi, a prescindere dalla situazione dei fondamentali dei prodotti. Paragonata alla liquidità dei fondi immobiliari, una spugna secca sembra una palude tropicale: i fatturati giornalieri di alcuni fondi sono così bassi da innescare a volte il movimento di prezzo di un rendimento annuo.
Il valore di un immobile è strettamente correlato alla sostenibilità. Che cosa essa significhi esattamente per gli immobili o i relativi prodotti d’investimento non può essere definito in maniera univoca e spesso dà adito a discussioni filosofiche. Tralasciando queste ultime, vi sono alcuni punti fermi da considerare. Il legislatore esige entro il 2050 un parco di immobili residenziali climaneutrale. Di norma gli edifici di nuova costruzione soddisfano tale standard. Tuttavia, per comprendere la portata di questa prescrizione occorre considerare con attenzione l’esistente. Solo un quinto degli edifici residenziali in Svizzera è stato costruito in questo millennio, mentre un altro quinto risale agli anni tra il 1980 e il 2000. Quasi il 60% degli immobili abitativi ha più di 50 anni. Convertirli tutti a fonti energetiche pulite, con facciate e tetti efficienti, è un’impresa mastodontica.
Nel 2022, per il riscaldamento la Svizzera ha utilizzato ancora prevalentemente petrolio o gas (cfr. fig. 7). Sebbene dal 1990 la percentuale di combustibili fossili sia diminuita del 10% grazie ai nuovi immobili edificati, nel complesso le fonti energetiche sostenibili, quali teleriscaldamento, legna o pompe di calore, continuano a essere secondarie, non superando un terzo del totale. La loro crescita in 32 anni è stata pari a un misero 14%. Solo le pompe di calore hanno registrato un forte aumento. La legna, invece, è calata e il teleriscaldamento è pressoché insignificante. Occorrono ancora molti sforzi e investimenti per far sì che gli immobili siano conformi alle direttive. Quelli che non lo saranno potrebbero perdere drasticamente di valore. Nei Paesi Bassi, ad esempio, dal 2023 sono in vigore divieti di utilizzo o di locazione se non si raggiungono determinate classi energetiche.
Chi investe ha una prospettiva diversa sulla sostenibilità quando si tratta di fondi immobiliari. La sola efficienza energetica e ambientale di un edificio spesso non basta. Conta anche che le famiglie in affitto vengano consultate, che l’infrastruttura crei benessere e che la società del fondo abbia una condotta attenta al sociale e corretta. Soltanto così il fondo ottiene un cosiddetto marchio di qualità ESG, che permette di considerarlo sostenibile. Entra in gioco una forte componente di soggettività, in quanto si può dare più o meno peso a un’ampia varietà di aspetti. Da soli è praticamente impossibile valutare tutto, visto anche il numero spesso elevato di immobili presenti in un fondo. Ecco perché ci si affida alle stime di società specializzate. La situazione rimane tuttavia intricata, visto che presto ci saranno più certificatori che fondi immobiliari svizzeri quotati.
Ai fini della nostra valutazione, selezioniamo soltanto certificati rilevanti per il panorama dei fondi e possibilmente con un’impronta locale. Per noi i certificati in questione sono tutti sullo stesso piano, perché ci rendiamo conto che sono tante le strade che portano a Roma. Siamo tuttavia esigenti nei punteggi che i fondi devono raggiungere in queste verifiche prima di classificare un prodotto come sostenibile e investire in esso.